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Preparare, realizzare, scrivere l’Intervista

Comunicazione della scienza, Giornalismo scientifico e Web 2.0

di Silvia Caruso su Giornalismo Scientifico

Regole fondamentali: come si prepara e come ci si comporta.

 

Ada Guglielmino giornalista professionista freelance ci racconta la sua esperienza di intervistatrice mettendo in luce i punti di forza di un’intervista senza dimenticare il lato pratico del lavoro giornalistico.

 

Che cosa è una intervista?

Sergio Lepri , già direttore dell’agenzia Ansa e docente di scuole di giornalismo, la definisce così:

“Un dialogo tra un giornalista e un interlocutore che lo ha accettato conoscendone gli scopi: rendere pubbliche le sue risposte”.

 

Secondo la giornalista e critica cinematografica recentemente scomparsa Lietta Tornabuoni:

“Si pongono domande a chi sa qualcosa più degli altri, a chi sa qualcosa di nuovo e di diverso, a chi è stato testimone di eventi cui gli altri non erano presenti. Attraverso le risposte, anche la comunità dei lettori viene informata”.

 

Il punto di partenza dell’intervista è la preparazione:

“La prima domanda da porsi è: quali sono le domande giuste le cui risposte interessano il nostro lettore? Ma non basta: perché dobbiamo conoscere il più possibile sulla persona che andiamo a intervistare.

Non si può arrivare impreparati, senza neppure sapere cosa ha fatto nella sua carriera.

Oggi, grazie ad Internet, le informazioni si trovano facilmente e in tempi brevi. Io cerco notizie, leggo altre interviste, cerco i filmati su YouTube, perché il video è in grado di mettere in evidenza anche gli aspetti umani, aiutandomi a personalizzare meglio le domande.

Spesso i filmati amatoriali possono svelare molto di un personaggio in situazioni più informali ”.

 

La preparazione comprende la cosiddetta scaletta, dove si decide quali saranno le domande da porre:

“La scaletta non deve essere rigida, ma un punto di partenza per un dialogo con la persona, partendo dalle domande più semplici e dirette per arrivare a quelle più provocatorie. La bravura del giornalista sta nel capire quando saltare una domanda e/o rivolgerne un’altra, in base a come vengono date le risposte o ai tempi concessi per l’intervista.

L’esperienza in questo caso gioca un ruolo importante. Nel mestiere di giornalista si impara molto anche dagli errori”.

 

Spesso per ottenere una intervista si deve contattare l’ufficio stampa o un portavoce, per esempio quando la persona riveste un ruolo istituzionale o è famoso.

 

“In questi casi può succedere che l’ufficio stampa fissi un tempo limite o che voglia vedere prima la scaletta delle domande. In questo caso il mio consiglio è di selezionare le domande più importanti, ma nulla vieta durante l’incontro di porne altre se il tempo a disposizione lo consente. L’intervistato può sempre – è un suo diritto – rifiutare di rispondere.

L’importante è essere sempre professionali, ma anche flessibili e in grado di adattarsi alla circostanza”.

Cosa si fa dopo? Come si comincia?

Non dimentichiamo mai che la persona che stiamo intervistando ci sta concedendo il suo tempo e sta condividendo con noi i suoi saperi e le sue competenze, perciò le regole di buona educazione non devono mai essere dimenticate:

“ Lo so che può sembrare banale, ma in molte occasioni ho visto dei colleghi fare delle figuracce. Presentarsi e qualificarsi è il punto di partenza. In questo modo l’interlocutore saprà con chi sta parlando e sarà un buon inizio per ottenerne la fiducia”. Ascoltando le risposte bisogna saper cogliere anche la comunicazione non verbale, per capire la reazione dell’intervistato alle domande. “ Sta al giornalista saper creare un clima di complicità, e allo stesso modo saperne cogliere l’eventuale irritazione o la stanchezza”.

Dal punto di vista pratico, le domande “devono essere corte e facili, per quel che è possibile.

Non corriamo il rischio di fare a tutti i costi gli originali se non è il caso di esserlo. Seri e professionali, anche con un pizzico di leggerezza, ma solo se il contesto e l’argomento lo permettono”.

 

Terminata l’intervista, il materiale ottenuto dovrà essere trascritto e “confezionato”.

Spesso in questo caso è necessario un lavoro di traduzione dell’intervista:

“Consiglio di usare sempre il registratore, e la sbobinatura dell’intervista è di solito un lavoro lungo e noioso, in cui bisogna trascrivere il parlato in uno scritto, snellendo i testi, riportando solo le cose più interessanti senza cambiare il significato”.

L’intervista potrà essere trascritta nella forma domanda-risposta o in forma discorsiva:

“In entrambi i casi si inizia con una breve introduzione su chi è l’intervistato e in quale occasione si svolge l’intervista.

Nella forma domanda-risposta si riportano in grassetto le domande e in corsivo le risposte, mentre nell’intervista discorsiva, si racconta l’intervista e i pezzi del parlato vengono virgolettati. Una regola non va dimenticata: nel testo usare sempre il Lei, anche se parlando con l’intervistato si è usato il tu”.

Di tutto il materiale raccolto solo una parte diventerà l’intervista pubblicata e in questa fase sarà importante ricordare eventuali richieste di off the records:

“L’intervistato si può rifiutare di rispondere alle nostre domande oppure ci può confidare qualcosa che poi non vuole che venga pubblicato. Questo, a mio parere, va rispettato”.

 

Una forma differente di intervista è quella che risulta da una conferenza stampa o da una intervista collettiva, dove i ruoli sono ben chiari, da un lato i giornalisti con le loro domande dall’altra il personaggio pronto a rispondere:

“La conferenza stampa è un’ottima occasione per avere il personaggio a disposizione. Ma bisogna saper anche cogliere l’opportunità del ‘dopo’. Se i tempi e l’occasione lo permettono, a volte fuori dall’ufficialità, quando il clima è rilassato, si possono approfondire alcuni aspetti o porre domande più specifiche”.

 

 

Quindi l’intervista richiede preparazione, struttura, professionalità, umanità ma anche un pizzico di fortuna.

Qualche trucco o consiglio pratico?

“Io giro sempre con registratore e taccuino. Il primo mi serve per riportare la terminologia corretta, tanto più importante quando l’argomento è scientifico o tecnologico, il secondo mi serve per annotarmi impressioni, emozioni, anche solo con parole-chiave.

Se la persona da intervistare è straniera e c’è una interprete a disposizione, a meno che non si conosca perfettamente la lingua, è meglio far lavorare l’interprete. Non solo si evitano errori, ma si guadagna tempo prezioso per prendere appunti e cambiare o formulare nuove domande. Evitiamo anche di dover dimostrare quanto siamo bravi e colti.

Siamo lì per porre domande e per ottenere delle risposte, non per fare promozione di noi stessi”.

 

Non sempre però è possibile trovarsi di fronte alla persona da intervistare. Si possono mandare le domande e ottenere le risposte via email?
“Io cerco di farlo solo quando tutte le altre strade non sono percorribili, perché è una scorciatoia in cui manca l’interazione tra le persone, che è il vero valore aggiunto di una intervista.

Si possono anticipare le domande, ma oggi con Skype si può parlare con una persona anche all’altro capo del mondo in video, magari facendo qualche sacrificio con i fusi orari… Invece l’email è utile per far rileggere l’intervista.

Lo ritengo un gesto di cortesia nei confronti della persona intervistata. E se abbiamo il contatto dell’ufficio stampa, è altrettanto apprezzato, soprattutto quando si scrive online, inviare il link all’ufficio stampa.

Così si viene inseriti nelle rassegne stampa, che è anche un modo per aumentare la nostra visibilità”.

 

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